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L’acquedotto dell’Arunzio: ecco come i romani fecero le prove generali del prosciugamento del Fucino

Francesco Proia di Francesco Proia
21 Febbraio 2018
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Castellafiume. L’emissario Claudio-Torlonia è ormai noto al grande pubblico, ma in pochi sanno dell’esistenza di un altro emissario sotterraneo, che collega Castellafiume a Corcumello, che per le sue caratteristiche costruttive è da considerarsi persino più importante di quello del Fucino. Si tratta di un acquedotto romano che passa sotto il monte Arunzio, monte che sembrerebbe prendere il nome proprio dal console romano Lucio Arrunzio, ideatore dell’ambizioso progetto.

L’emissario sotterraneo è lungo 2.100 metri, quindi un terzo di quello del Fucino, ma è quasi parallelo al suo fratello maggiore. Più di qualche studioso ritiene che quest’emissario sia stato propedeutico alla realizzazione dell’emissario fucense e che si potrebbe definire una sorta di prova generale dell’impresa romana. Già, perché l’emissario sotterraneo dell’Arunzio è stato scavato nelle viscere dell’omonimo monte proprio dai romani, ma rispetto a quello fucense presenta delle caratteristiche tecniche di costruzione ancora più incredibili. A differenza dell’emissario claudiano, ma anche di qualsiasi altra galleria costruita dai romani, questo venne costruito senza l’ausilio di pozzi verticali. Un progetto ingegneristico più unico che raro, insomma, di cui non si conoscono precedenti. I romani, infatti, usavano costruire le loro gallerie seguendo una traiettoria tracciata in superficie, sul cui tracciato venivano scavati dei pozzi verticali e discenderie, che servivano per far accedere le maestranze, le macchine e i macchinari, ma anche per consentire la ventilazione dei cantieri sotterranei e per far uscire il materiale di risulta degli scavi. Quello sotto il monte Arunzio, invece, venne realizzato senza pozzi verticali, ma solo con l’avanzamento simultaneo ai due lati del monte, fino alla ricongiunzione al centro. Ma quale fu il motivo che spinse l’imperatore Tiberio a volere questo emissario sotterraneo? Non esiste una risposta certa, ma qualcuno sostiene che ci fosse necessità di portare acqua potabile ai cantieri dell’emissario fucense, prendendola dalle fonti della sorgente Rio Sonno, situata nei pressi di Castellafiume; sembra però che l’acqua servisse anche per azionare le pompe idrauliche che servivano a portare a termine la faraonica opera dell’emissario di Claudio. A sostegno di questa ipotesi ci sono le date di costruzione dei due emissari, che sono sequenziali: dal 41 al 54 d.c. venne realizzato l’emissario dell’Arunzio, mentre dal 52 d.c. sono partiti i lavori per il prosciugamento del Fucino. Una seconda ipotesi, del tutto slegata al prosciugamento del Fucino, vuole che l’acquedotto sotterraneo portasse l’acqua ad una città poi scomparsa tra Luco dei Marsi ed Avezzano, o forse per l’irrigazione dei piani Palentini. Se i motivi della costruzione restano ignoti, è invece certa l’importanza di questo secondo emissario, che in quanto a tecnica di costruzione non ha nulla da invidiare al suo fratello maggiore. Oggi non resta che augurarci che anche l’emissario dell’Arunzio possa prendere parte a quel circuito di valorizzazione che da ormai qualche anno ha investito gli ormai celebri cunicoli Claudio, al fine di ampliare ancor di più l’offerta turistica, storica e culturale di un territorio che non finirà mai di stupirci. @francescoproia (si ringrazia Aurelio Maurizi per la segnalazione)

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