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Emergenza Coronavirus, studente avezzanese bloccato in Spagna: abbandonati senza che nessuno ci aiuti a tornare a casa

Federico Falcone di Federico Falcone
27 Marzo 2020
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Avezzano. E’ bloccato in Spagna, facendo la spola tra Tarragona e Barcellona per cercare di tornare a casa sua, in Italia, ma le misure anticontagio per il Coronavirus lo costringono ad attendere e sperare che nei prossimi giorni si trovi una soluzione. Alessandro Piccirilli, studente 25enne di Avezzano, si trova all’estero per l’Erasmus ed è uno dei tanti italiani che fatica a tornare in patria. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente per farci spiegare la situazione.

“Ieri sera, da Tarragona, siamo andati a Barcellona per prendere la prima nave diretta in Italia” racconta lo studente. “Proprio ieri abbiamo avuto la comunicazione si trattava dell’ultima chiamata per tornare a casa. All’imbarco, però, al momento dei controlli, ci hanno fermati perché un ragazzo del nostro gruppo aveva qualche linea di febbre. Gli hanno fatto tre misurazioni. Alla terza si è agitato e innervosito, la febbre si è alzata e il medico lo ha fermato dicendogli di non poter ripartire”.

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“Abbiamo cercato di tranquillizzarlo e quindi valutare se la febbre si fosse alzata a seguito dell’alterco. Abbiamo aspettato qualche minuto per farlo tranquillizzare. Nel frattempo abbiamo parlato col medico e con la sicurezza che era lì presente. Ma non c’è stato verso. Siccome sarebbe rimasto solo al porto, noi altri quattro siamo rimasti con lui, non ce la siamo sentita di lasciarlo. Il medico non si è minimamente preoccupato di chiamare i sanitari o capire qualche fosse l’origine della febbre. Abbiamo chiamato noi la polizia e l’ambulanza”.

“Sono arrivati in brevissimo tempo” prosegue Alessandro “abbiamo spiegato loro la situazione e ci hanno dato ragione. I medici hanno misurato la febbre che era ferma su 37.4. Per non salire sull’ambulanza si doveva avere un minimo di 37.5. In questo modo sarebbe potuto salire sulla nave Grimaldi Lines, quindi. Abbiamo chiesto qualche minuto per organizzarci ma non c’è stato verso, nonostante il parere positivo della polizia che ci ha anche dato ragione. Non ci hanno fatto salire, sono stati irremovibili. Siamo entrati nel panico, buttati lì nel porto. La nave è partita con cinque ore di ritardo, lasciandoci fuori, al freddo, senza neanche farci entrare nel gate del porto. C’era tutto il tempo per consentirci di prenderla”.

“Grazie ai vari solleciti della guardia civile siamo almeno entrati nel gate del porto. Ci hanno spinto ad andare al consolato che però era chiuso. Grazie a loro abbiamo chiamato la Farnesina per trovare una soluzione. Si sono rimbalzati a vicenda senza dirci realmente cosa dover fare. Un caos totale. Abbiamo contattato anche le autorità locali del porto di Civitavecchia che ci ha assicurato che saremmo potuti salire su una nave cargo se solo avessimo avuto l’ok dalla Farnesina”.

“La cosa che ci ha lasciato senza parole è che non hanno avuto un minimo di riguardo per sette ragazzi di 20 anni senza più una casa. Nessuno ci ha aiutato realmente, né portandoci in hotel né da qualche parte dove dormire. Adesso stiamo tornando a Tarragona, dove eravamo in Erasmus, sperando che i proprietari ci diano le chiavi e ci facciano entrare. Ora i costi dei voli sono altissimi, quasi sui 1000 euro. Questa è l’unica soluzione per tornare a casa. Aspettiamo anche un giorno, vediamo cosa accade, vogliamo tornare a casa. Forse parto domenica con un volo da Barcellona, che fa scalo in Germania e che arriverà a Fiumicino. Non so cosa faranno gli altri”.

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